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Ecologia delle popolazioni alloctone infestanti


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Ciao a tutti! Da un pò sto riflettendo su quanto la forte pressione selettiva, la competizione inter/intraspecifica e la saturazione delle nicchie ecologiche da parte delle popolazioni autoctone spontanee negli habitat naturali "indisturbati" (biologicamente differenziati) possano costituire una delle principali cause della deriva infestante e sinantropa degli alloctoni verso habitat "disturbati" e poco differenziati. Gli alloctoni evitano ed eliminano la biodiversità sempre e comunque? Oppure, quantomeno in alcuni casi, sono in grado di stimolarla negli ambienti nei quali si insediano, attraverso parabiosi e lestobiosi? Voi cosa ne pensate? Grazie per il vostro aiuto! Elena

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Idee e terminologie ben confuse... :huh:

Provo a interpretare:

Da un pò sto riflettendo su quanto la forte pressione selettiva, la competizione inter/intraspecifica e la saturazione delle nicchie ecologiche da parte delle popolazioni autoctone spontanee negli habitat naturali "indisturbati" (biologicamente differenziati) possano costituire una delle principali cause della deriva infestante e sinantropa degli alloctoni verso habitat "disturbati" e poco differenziati.

 

 

In sostanza, chiedi perché la presenza di alloctoni è più marcata in ambienti destrutturati rispetto ad ambienti maturi, giusto?

Le specie alloctone che riescono a diventare infestanti hanno la caratteristica di essere specie tendenzialmente resilienti, ovvero hanno la capacità di creare popolazioni "esplosive" se le condizioni ambientali lo permettono. Questo in natura è la risposta degli organismi ad ambienti "disturbati" nel senso ecologico del termine, ovvero ambienti potenzialmente produttivi (perché ricchi di risorse trofiche, di calore, di acqua) ma sottoposti a frequenti perdite di biomassa, ad esempio incendi, inondazioni ecc...

Le specie che colonizzano questo tipo di ambienti sono caratterizzate da cicli di vita rapidi, strategia riproduttiva di tipo r, stadi di resistenza, per superare i periodi di disturbo e ricolonizzare rapidamente dopo l'evento distruttivo. Sono le prime specie a comparire dopo l'evento distruttivo, in grado di sfruttare molto velocemente risorse abbondanti.

Gli ambienti antropizzati hanno solitamente questa caratteristica, e gli ambienti agricoli ne sono proprio il paradigma: terreni fertili, abbondanti, illuminati, che periodicamente vengono raccolti ed arati. Ed infatti l'ecosistema agrario è pieno di infestanti sia vegetali che animali, che danno vita a popolazioni fluttuanti nel tempo, ma sempre pronte ad esplodere non appena le condizioni lo permettono.

 

Dove invece le condizioni sono stabili, l'ecosistema si struttura e si crea forte competizione. Le specie presenti in un bosco maturo sono competitive, nel senso che se non c'è un qualche evento esterno a distruggerle, sono evolute per sfruttare al meglio le risorse presenti sul lungo periodo, eliminando col tempo le specie che non sono altrettanto specializzate per quello specifico ambiente. E' il famoso concetto di ecosistema "climax" (per ora sorvoliamo sul fatto che tali ambienti in natura siano più teorici che reali).

E non è sempre vero che gli ecosistemi più stabili sono quelli più ricchi di biodiversità. Anzi, molto spesso sono ecosistemi molto strutturati ma magari monotoni (ad esempio, la faggeta montana)

 

Gli alloctoni evitano ed eliminano la biodiversità sempre e comunque? Oppure, quantomeno in alcuni casi, sono in grado di stimolarla negli ambienti nei quali si insediano, attraverso parabiosi e lestobiosi? Voi cosa ne pensate?

Gli alloctoni non "evitano"(?) ne "eliminano" la biodiversità , ma entrano a far parte dell'ecosistema, e a seconda delle caratteristiche dei vari ambienti e delle varie specie possono arrivare, esplodere demograficamente e poi sparire, oppure sostituire una o più specie già presenti, oppure crearsi una propria nicchia ecologica senza andare a far troppo danno (il concetto di "nicchia ecologica" è intrinsecamente legato alla specie... Non è che in un ecosistema le "nicchie" finiscono... Finiscono le risorse, e nel momento in cui arriva una specie dall'altra parte del mondo che riesce a sfruttare una risorsa in maniera diversa e magari complementare alle specie già presenti, si crea una nuova "nicchia").

In ambienti molto disturbati e molto soggetti a nuove introduzioni volontarie o involontarie (tipicamente, gli ambienti antropizzati) si creano perciò ecosistemi "ibridi". Tornando ad esempio all'ambiente agricolo, qui in pianura padana le specie alloctone ed autoctone di piante ed animali se la giocano quasi alla pari. La gran parte dei filari e dei boschetti presenti sono composti da robinie americane e platani ibridi, i pesci nei fiumi sono per il 50% specie alloctone, minilepri e nutrie la fanno da padrone. Questa è ormai la biodiversità della pianura padana, senza le specie alloctone sarebbe una sorta di deserto. Da naturalista posso anche pensare che tutto ciò è brutto, ma realisticamente, per molto tempo questo sarà l'ecosistema di questa zona.

Parabiosi e lestobiosi direi che in tutto ciò non hanno un ruolo preminente, si tratta di specializzazioni abbastanza particolari nel vasto campo delle simbiosi. sono un piccolo tassello nel gioco di equilibri di cui sopra.

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